domenica 5 maggio 2013

sabato 16 marzo 2013

Presa per i fondelli parte 2

 
Il progetto degli amici dei trasportatori sta venendo allo scoperto, infatti i giudici hanno deciso un "rinvio pregiudiziale" della questione dei costi minimi di sicurezza alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea sospendendo così il loro giudizio sulle questioni pregiudiziali, in attesa della decisione del Lussemburgo (sede della Corte). Nel frattempo, i costi minimi dell'autotrasporto restano in vigore, perché il Tar del Lazio non ha preso alcun provvedimento sospensivo.
Nella premessa, però, i tre magistrati che hanno stilato l'ordinanza esprimono alcuni dubbi sulla legittimità dei costi minimi proprio sull'elemento principale che li giustifica, ossia la sicurezza: "Il Tribunale, premesso che la determinazione autoritativa ed eteronoma di costi minimi di esercizio costituisce una parte essenziale del corrispettivo del servizio e si risolve in una compressione indubitabile della libertà negoziale e, quindi, della libertà di concorrenza e delle libere dinamiche del mercato, dubita che la disciplina introdotta dall'art. 83 bis citato, ed applicata con i provvedimenti oggetto di gravame, sia valutabile come congrua e proporzionata rispetto all'interesse pubblico tutelato della sicurezza stradale, così da potere trovare in detta finalità di rilievo pubblicistico adeguata e sufficiente giustificazione".
I giudici poi spiegano che la prederminazione dei costi d'esercizio "Non costituisce l'unica misura attraverso cui apprestare tutela alla sicurezza stradale, apparendo al contrario sicuramente più idonee misure relative agli elementi da cui dipende la sicurezza stessa (limiti di velocità, caratteristiche dei mezzi e obblighi di manutenzione, turni di riposo dei conducenti, organizzazione del lavoro e formazione dei conducenti, introduzione di un sistema di responsabilità e sanzioni, con i relativi controlli)".
Non solo, ma "Non costituisce neanche misura astrattamente idonea a garantire la sicurezza, se non in stretta correlazione con l'adozione di altre misure di sicurezza (non sussistendo altrimenti alcuna garanzia che i maggiori margini di utile connessi alla fissazione di un livello minimo di prezzi siano destinati a coprire i costi delle misure di sicurezza)".
Inoltre, aggiungono i magistrati, i costi minimi non hanno carattere eccezionale, bensì hanno un'applicazione generalizzata, hanno un'efficacia temporale limitata e sono pure contraddetti dallo stesso comma 4 dell'articolo 83 bis, che prevede alcune deroghe nel caso di accordi volontari tra autotrasportatori e committenti. E concludono che "Più in generale, può osservarsi come la fissazione di tariffe minime, come strumento atto a garantire la sicurezza nella circolazione dei veicoli, non è prevista in nessuna normativa di settore".
Un altro elemento sottolineato dall'ordinanza è che la determinazione dei costi minimi viene affidata "Ad un organismo, come l'Osservatorio in seno alla Consulta, la cui composizione è caratterizzata in larga parte da soggetti eletti dalle associazioni di categoria" (l'Osservatorio è stato abrogato insieme alla Consulta dalla spending review). A questo proposito, i magistrati citano la sentenza della Corte di Giustizia del 1° ottobre 1998 (caso Librandi) secondo cui "Le limitazioni al principio di concorrenza siano giustificabili solo alla stregua di un interesse pubblico ritenuto prevalente e secondo misure e criteri di apprezzamento e ponderazione la cui definizione non può che essere rimessa ai pubblici poteri e non già agli operatori economici di settore".
Questi sono i motivi per cui Il Tribunale Amministrativo del Lazio Dubita che sia compatibile con il diritto dell'Unione, e con gli stessi principi affermati dalla Corte di Giustizia nella menzionata sentenza, un sistema normativo che, in mancanza di una predeterminazione normativa di criteri diretti a disciplinare sia pure in via generale l'attività, nella sostanza, affida all'accordo tra gli operatori economici privati la determinazione delle tariffe minime o, in subordine, ad un organismo che, per la sua stessa costituzione, non presenta sufficienti condizioni di indipendenza rispetto alle valutazioni e alle scelte degli stessi operatori del settore".
I magistrati quindi pongono tre quesiti alla Corte di Giustizia Europea:
  • se la tutela della libertà di concorrenza , della libera circolazione delle imprese, della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi sia compatibile, ed in che misura, con disposizioni nazionali degli Stati membri dell'Unione prescrittive di costi minimi di esercizio nel settore dell'autotrasporto, implicanti fissazione eteronoma di un elemento costitutivo del corrispettivo del servizio e, quindi, del prezzo contrattuale;
  • se, ed a quali condizioni, limitazioni dei principi citati siano giustificabili in relazione ad esigenze di salvaguardia dell'interesse pubblico alla sicurezza della circolazione stradale e se, in detta prospettiva funzionale, possa trovare collocazione la fissazione di costi minimi di esercizio;
  • se la determinazione dei costi minimi di esercizio, nell'ottica menzionata, possa poi essere rimessa ad accordi volontari delle categorie di operatori interessate e, in subordine, ad organismi la cui composizione è caratterizzata da una forte presenza di soggetti rappresentativi degli operatori economici privati di settore, in assenza di criteri predeterminati a livello legislativo
 






 
 
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA




sul ricorso numero di registro generale 10986 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:


Confindustria , Unione Petrolifera, Aitec Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento, Ance Associazione Nazionale Costruttori Edili, Anfia Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, Assocarta Associazione Italiana Fra Industriali della Carta Cartoni e Paste Per Carta, Assografici Associazione Nazionale Italiana Industrie Grafiche Cartotecniche e Trasformatrici, Assovetro Associazione Nazionale degli Industriali del Vetro, Confederazione Italiana Armatori, Confindustria Ceramica, Federacciai Federazione Imprese Siderurgiche Italiane, Federalimentare Federazione Italiana Industria Alimentare, Federchimica Federazione Nazionale Industria Chimica, Italmopa Associazione Industriale Mugnai D'Italia, Soc Burgo Group Spa, Soc Cartesar Spa, Soc Cartiera Lucchese Spa, Soc Cartiera del Garda Spa, Soc Cartiera Modesto Cardella Spa, Soc Eni Spa, Soc Polimeri Europa Spa, Soc Reno De Medici Spa, Soc Sca Packaging Italia Spa, Soc Shell Italia Spa, Soc Sicem Saga Spa, Soc Sofidel Spa, Soc Tamoil Italia Spa, Soc Totalerg Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Salvatore Alberto Romano, con domicilio eletto presso Salvatore Alberto Romano in Roma, viale XXI Aprile, 11;


contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei Ministri in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di

Fedit Federazione Italiana Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Guido Francesco Romanelli, Maurizio Riguzzi, Pierguido Carmagnani, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;
Soc Autsped G Spa; 
e con l'intervento di

ad opponendum:
Consorzio Trasporti Europei Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Antonelli, Gianluca Motta, con domicilio eletto presso Maria Antonelli in Roma, piazza Gondar, 22; 
Transfrigoroute Italia Assotir, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino, Valentino Calandrelli, Giampaolo Ruggiero, Lorenzo Aureli, con domicilio eletto presso Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
Coordinamento Interprovinciale Fai e FIAP, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv. Gian Michele Roberti, Filippo Satta, Augusto Zingaropoli, con domicilio eletto presso Filippo Satta in Roma, Foro Traiano, 1/A; 
Semenzin Fabio Autotrasporti , Conftrasporto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Natale Callipari, con domicilio eletto presso Studio Legale Tomassini in Roma, via F. Lippi, 2; 
Confartigianato Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Zunarelli, Vincenzo Cellamare, con domicilio eletto presso Vincenzo Cellamare in Roma, via della Scrofa, 64; 

per l'annullamento,
con il ricorso principale
- del provvedimento dell’Osservatorio sulle attività di autotrasporto del
2.11.2011 (“Costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi – costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza (Articolo 83 bis, commi 1 e 2, commi 4 e 4-bis della legge 6 agosto 2008, n. 133 di conversione del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 e s.m.i.)”);
- del decreto del Direttore Generale del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti del 22.11.2011, prot. n. 234-22/11/2011;
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di
autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 23.11.2011;
- dei verbali dell’Osservatorio sulle attività di autotrasporto relativi al
procedimento impugnato;
- di ogni altro atto ai precedenti collegato e connesso;
con il primo atto per motivi aggiunti
- della determinazione dell’Osservatorio sulle attività di autotrasporto del
14.12.2011;
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di
autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 23.12.2011;
con il secondo atto per motivi aggiunti
- della deliberazione dell’Osservatorio di cui al verbale della riunione del
giorno 19.1.2012;
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa diautotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” – aggiornamento – reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 20.1.2012;
- della deliberazione dell’Osservatorio di cui al verbale della riunione del
giorno 15.2.2012;
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” – aggiornamento – reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 15.2.2012;
con il terzo atto per motivi aggiunti
- della deliberazione dell’Osservatorio di cui al verbale della riunione del
giorno 5.4.2012;
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” – aggiornamento – reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 5.4.2012;
- della deliberazione dell’Osservatorio di cui al verbale della riunione del
giorno 8.5.2012;
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” – aggiornamento – reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 8.5.2012;
con il quarto ricorso per motivi aggiunti
- del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” – aggiornamento – reso disponibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in data successiva al 16.5.2010 e aggiornata ai dati di aprile 2012;
con il quinto ricorso per motivi aggiunti
della determina dell’Osservatorio in data 13 giugno 2012 e del provvedimento “Pubblicazione periodica dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi e dei costi minimi di esercizio che garantiscano il rispetto dei parametri di sicurezza” del 10 luglio 2012, aggiornata ai dati di giugno 2012.



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di tutte le parti intimate e gli atti di intervento ad opponendum;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;






FATTI DI CAUSA.
Le società ricorrenti, con l’atto di gravame principale ed i successivi motivi aggiunti, hanno impugnato davanti a questo Tribunale tutti gli atti, meglio indicati in epigrafe, adottati dall’Osservatorio sulle attività di autotrasporto e dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in attuazione della disposizione di cui all’art. 83 bis del d.l. n. 112 del 2008, come convertito in legge n. 133 del 2008, e successive modifiche ed integrazioni, introducendo in via preliminare questioni di incompatibilità della norma citata con la normativa europea e di legittimità costituzionale.
Deducono in primo luogo le ricorrenti la illegittimità dell'art. 83 bis del decreto legge n. 112 del 2008 e s.m.i. per violazione dei principi del diritto dell'UE in materia di concorrenza e di libera circolazione delle imprese. Violazione degli articoli 49 e 56 TFUE in materia di libertà dí stabilimento e di libera prestazione dei servizi, nonché dell'art. 96 TFUE; violazione dell'art. 4(3) TUE e dell'art. 101 TFUE, evidenziandone nello specifico i seguenti profili di contrasto con le norme europee sopra richiamate:
1. La scelta del legislatore di equiparare , ai fini dell’applicazione della relativa normativa, tutti i contratti di trasporto, siano essi scritti o verbali, dettando un sistema di tariffe unitario, si porrebbe in contrasto con il disposto degli artt. 4 e 101 del TFEU, considerato che se la fissazione di prezzi minimi per determinati beni, infatti, è una misura senz'altro "idonea ad arrecare pregiudizio alle relazioni concorrenziali" (v., da ultimo, CGUE, sentenza Commissione europea e. Italia in C-571/08, nonché Commissione c. Francia in C- I 97/08), impedendo agli operatori di trarre vantaggio da prezzi di costo inferiori per proporre prezzi più allettanti e, dunque, ostacolando l'ingresso sul mercato di nuovi operatori ,analogamente, anche la fissazione di tariffe minime per i servizi costituisce una restrizione della concorrenza che lede il diritto alla libera prestazione dei servizi stessi ed il diritto di stabilimento riconosciuto a tutti i cittadini europei, in quanto, pur applicandosi indistintamente, di fatto impedisce o rende più difficile le attività di prestazione di servizi o l'esercizio del diritto di stabilimento del prestatore che sia cittadino di un altro Stato membro.
2. La denunciata incompatibilità tra il dettato dell’art. 83 bis, commi citati, e la normativa europea non potrebbe, a dire delle ricorrenti, essere superata neanche invocando la rispondenza delle restrizioni introdotte alla libertà di concorrenza con un interesse pubblico generale – la sicurezza stradale – rispetto al quale il sistema delle tariffe mensili imposte non si porrebbe come misura idonea e proporzionata al fine perseguito.
La fissazione di minimi tariffari, infatti, non garantirebbe un effettivo miglioramento degli standards di sicurezza; obiettivo invece utilmente perseguibile soltanto mediante il ricorso a diverse misure vincolanti sulle modalità di espletamento del servizio,che incidano sulle voci da cui dipende la sicurezza e ne verifichino il rispetto.
In particolare, la prevista possibilità, al comma 4, di deroga ai costi minimi di sicurezza previsti, nel caso di contratti conformi ad accordi volontari conclusi tra le organizzazioni associative dei vettori e degli utenti, contrasterebbe con la logica della inderogabilità dei costi minimi per ragioni di garanzia della sicurezza.
3. Il rilievo conferito, nel meccanismo di determinazione delle tariffe minime, alla stipulazione di accordi volontari di settore tra le organizzazioni associative di vettori, rappresentati in seno alla Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica, e le associazioni rappresentative dei committenti, sarebbe destinato ad alterare la dinamica concorrenziale del mercato, introducendo condizionamenti di tipo corporativo nella quantificazione di uno degli elementi essenziali della libera contrattazione. Analogamente, la composizione dello stesso Osservatorio non garantirebbe l’imparzialità e l’autonomia dell’organismo rispetto alle associazioni sindacali delle categorie interessate.
4. Il sistema di determinazione dei costi minimi della sicurezza non risponderebbe a criteri predeterminati direttamente correlati alla esigenza di salvaguardia della sicurezza stradale.
Le ricorrenti hanno altresì proposto questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 83 bis d.l. n. 112/2008 per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., 11 e 117 comma primo Cost., nonché per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità , ritenendo la fissazione dei costi minimi ingiustificata in relazione all’esigenza di tutela della sicurezza, comunque inadeguata sul piano funzionale, discriminatoria e lesiva della libertà negoziale.
Hanno infine dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati sia per invalidità derivata sia per vizi propri.
All’udienza del 25 ottobre 2012 la causa è stata assegnata in decisione, ai fini della definitiva pronuncia di merito, e decisa nelle camere di consiglio dei giorni 25 ottobre 2012 e 13 febbraio 2013: il Tribunale, lette le osservazioni delle parti, ed aderendo alla domanda proposta in tal senso dalle stessi ricorrenti, ritiene di disporre ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia, avente ad oggetto l’interpretazione delle norme del Trattato in materia di libertà di concorrenza e di libera circolazione delle imprese, e in particolare degli artt. 4 (3) TUE ( Trattato Unione Europea) e 101 TFUE, nonché degli artt. 49 e 56 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, e dell’art. 96 TFUE, per chiarire se le richiamate disposizioni siano compatibili con il regime di fissazione dei costi minimi di esercizio nel settore dell’autotrasporto, introdotto dal legislatore italiano con l’art. 83 bis del d.l. n. 112 del 2008, come convertito in legge n. 133 del 2008, e successive modifiche ed integrazioni, e attuato con i provvedimenti impugnati in questa sede.
LA DISCIPLINA NAZIONALE CONCERNENTE LE TARIFFE DI AUTOTRASPORTO DELLE MERCI SU STRADA.
Con legge n. 32 del 2005, recante la "Delega al Governo per il riassetto normativo del settore dell'autotrasporto di persone e cose", sono stati fissati i principi ed i criteri direttivi del processo di "liberalizzazione regolata" del settore dell’autotrasporto, tra i quali assumono particolare rilievo il "superamento del sistema delle tariffe obbligatorie a forcella per l'autotrasporto di merci" e la definizione di un sistema fondato sulla "libera contrattazione dei prezzi per i servizi di autotrasporto di merci" (art. 2, comma 2, lett. b), nn. 1 e 2 della L. 32 del 2005).
In attuazione di tale legge-delega sono stati emanati i decreti legislativi nn. 284 e 286 del 2005, intesi a liberalizzare e riorganizzare l'intero settore dell'autotrasporto.
In particolare, con il D.Lgs 284 del 2005 si è conferito alla Consulta per l'Autotrasporto e la Logistica il potere di svolgere "attività propositiva, di studio, di monitoraggio, di consulenza delle autorità politiche per la definizione delle politiche di intervento e delle strategie di governo nel settore dell'autotrasporto e della logistica" (art. 4, comma 1). Con il medesimo decreto legislativo
è stato, inoltre, istituito l'Osservatorio sull'Attività di Autotrasporto, quale organo della Consulta, a cui è attribuita ex lege la funzione di "monitoraggio sul rispetto delle disposizioni in materia di sicurezza della circolazione e si sicurezza sociale, e provvede all'aggiornamento degli usi e delle consuetudini di cui all'art. 2, comma 2, lett. b) numero 6, della legge 1° marzo 2055, n. 32" (art. 6, coma 10 d.lgs.284/2005).
Con il D.Lgs. n. 286 del 2005 il legislatore nazionale ha poi ridefinito le coordinate normative dell'attività di autotrasporto, perseguendo gli obiettivi e le finalità della richiamata legge-delega (art. 2, commi 1 e 2 lett. b) della L. 32 del 2005).
La determinazione dei corrispettivi per l'esercizio di trasporto su strada è stata, quindi, rimessa alla "libera contrattazione delle parti che stipulano il contratto di trasporto" (art. 4, comma 1).
Nell'ottica di assicurare la tutela della sicurezza, la medesima norma ha inoltre stabilito che "sono nulle le clausole dei contratti di trasporto che comportano modalità e condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla sicurezza della circolazione stradale".
Il legislatore del 2005, in buona sostanza, ha liberalizzato il sistema tariffario inerente i contratti di autotrasporto in forma scritta, mantenendo invece ferme alcune restrizioni con riferimento ai contratti verbali che soggiacciono agli usi e consuetudini di settore individuati dall'Osservatorio.
Successivamente, l'art. 83 bis introdotto in sede di conversione del D.L. n. 112 del 25 giugno 2008, in L. 133 del 2008, ha , in linea di discontinuità con le disposizioni sopra richiamate, ha reintrodotto significativi vincoli alla nuova disciplina dell'autotrasporto, in particolare attribuendo all'Osservatorio il potere di stabilire i costi minimi di esercizio, sia pure con esclusivo riferimento ai contratti meramente verbali, nell'ottica di incentivare la stipulazione dì accordi scritti le cui modalità di contrattazione restavano libere, anche con riferimento alla determinazione delle tariffe.
Tuttavia, l'art. 83 bis è stato da ultimo modificato con il D.L. 103 del 2010, convertito con modificazioni in L. n. 127 del 2010, e, successivamente, con D.L. n, 138 del 2011, convertito con L. n. 148 del 2011. Tali modifiche hanno eliminato la distinzione tra contratti in forma scritta e contratti meramente verbali, consentendo all'Osservatorio di incidere sulla determinazione delle tariffe di autotrasporto anche dei primi in ragione della pretesa necessità di garantire il rispetto degli standard di sicurezza.
L'attuale formulazione dell'art. 83 prevede che "l'Osservatorio sulle attività di autotrasporto di cui all'art. 9 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, sulla base di un'adeguata indagine a campione e tenuto conto delle rilevazioni effettuate mensilmente dal Ministero dello sviluppo economico sul prezzo medio del gasolio per l'autotrazione determina mensilmente il costo medio del carburante per chilometro di percorrenza, con riferimento alla diverse tipologie di veicoli, e la relativa incidenza. 2. Lo stesso osservatorio, con riferimento alle tipologie di veicoli determina (....) la quota espressa in percentuale, dei costi di esercizio dell'impresa di autotrasporto per conto di terzi rappresentata dai costi del carburante".
I commi 4 e 4bis del medesimo art. 83 bis hanno poi previsto che "al fine di garantire la tutela della sicurezza stradale e la regolarità del mercato dell'autotrasporto di merci per conto di terzi, nel contratto di trasporto, stipulato in forma scritta, ai sensi dell'art. 6 del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, l'importo a favore del vettore deve essere tale da consentire almeno la copertura dei costi minimi di esercizio, che garantiscono, comunque, il rispetto dei parametri di sicurezza di sicurezza normativamente previsti. Tali costi minimi sono individuati nell'ambito degli accordi volontari di settore conclusi tra organizzazioni associative di vettori rappresentanti nella Consulta generale per l'autotrasporto e per la logistica, di cui al comma 16, e organizzazioni associative dei committenti, e sono sottoposti al parere preventivo della predetta Consulta generale e pubblicati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, ai fini della loro entrata in vigore. (...) Qualora gli accordi volontari previsti al comma 4 non siano stipulati entro il termine di nove mesi, decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'Osservatorio sulle attività di autotrasporto di cui all'art. 6, comma 1, lettera ci), del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284, determina i costi minimi, secondo quanto previsto al comma 4. Decorso il termine di cui al primo periodo, qualora entro ulteriori trenta giorni l'Osservatorio non abbia provveduto ad adottare la determinazione dei costi minimi si applicano ai contratti di trasporto stipulati in forma scritta le disposizioni di cui ai commi 6 e 7, ai soli fini della determinazione del corrispettivo e ferma restando la possibilità di deroga con gli accordi di cui al comma 4".
In attuazione del citato art. 83 bis della L. 133 del 2008 e s.m., in data 2 novembre 2011, l'Osservatorio ha adottato una serie di tabelle che stabiliscono voci di costo chilometrico ripartite per cinque classi di veicoli individuati a seconda della massa massima complessiva a pieno carico (anche detta "Prima determinazione").
Tali tabelle recano l'approvazione dei costi di esercizio dell'impresa di autotrasporto per conto di terzi ex commi 1 e 2 dell'art. 83 bis e dei costi minimi di esercizio dell'impresa di autotrasporto per conto di terzi ex commi 4 e 4 bis dell'art. 83 bis.
L'Osservatorio ha, altresì, fissato la formula mediante la quale i costi di esercizio e, dunque, le tariffe di autotrasporto, devono essere periodicamente adeguate.
La richiamata determina, e le successive periodicamente adottate dall’Osservatorio con le correlate tabelle, per l’individuazione dei costi minimi di esercizio sono oggetto di impugnazione con il presente gravame.
In base alla chiara lettera della disposizione normativa, è da escludere che l’art. 86 bis citato possa essere interpretato in modo conforme alla Costituzione ed al diritto dell’Unione: interpretare in senso conforme significa, infatti, scegliere, tra i significati possibili dell’enunciato normativo, quello più vicino ai principi costituzionali e dell’Unione, ma non anche attribuirgliene uno nuovo ed eccentrico, per quanto aderente a tali principi (Corte cost., sentenza n. 219 del 2008).
La norma è assolutamente chiara nell’introduzione di un sistema regolato di determinazione dei costi minimi di esercizio, che vincola la libera contrattazione e la libertà di enucleazione di uno degli elementi essenziali del contratto, sia pure nella logica funzionale della salvaguardia degli standard di sicurezza.
La fissazione autoritativa di costi minimi di esercizio, in maniera vincolante per la libertà negoziale delle parti, sottrae infatti alla libera dinamica del mercato la determinazione di un elemento fondamentale costitutivo del prezzo contrattuale.
E ciò che con il ricorso si contesta, e costituisce oggetto del giudizio rimesso a questo Tribunale, è la verifica della compatibilità di dette determinazioni con i principi europei, e costituzionali, ispirati alla libertà di concorrenza e negoziale privata.
IL DIRITTO DELL’UNIONE
I principi e le disposizioni del diritto dell’Unione Europea poste a tutela della concorrenza (art. 4, § 3, TUE e art. 101 TFUE), così come interpretate dalla giurisprudenza, sembrano inibire ai legislatore degli Stati membri la possibilità di determinazioni eteronome limitanti la libertà negoziale nella individuazione degli elementi essenziali del contratto.
In particolare, la limitazione delle strategie di prezzo imprenditoriale rischia di configurarsi come una tra le violazioni più gravi del diritto della concorrenza, considerata la particolare importanza del prezzo come strumento di competizione concorrenziale fra le imprese.
La determinazione artificiosa dei prezzi può evidenziare, dunque, la violazione delle regole di concorrenza in qualunque modalità essa sia posta in essere, e cioè anche laddove si sostanzi nell'uniformità di una base di prezzo o di una componente del prezzo complessivo, potendo ostacolare o addirittura escludere del tutto il ribasso autonomo e illimitato del prezzo da parte delle singole imprese, con conseguente pregiudizio per i consumatori finali.
Secondo la giurisprudenza dell’Unione, la fissazione di prezzi minimi per determinati beni o servizi è, di per sé, misura senz’altro idonea ad arrecare pregiudizio alle relazioni concorrenziali ( cfr. CGUE, sentenza Commissione europea c. Italia in C-571/08 e sentenza Commissione europea c. Francia in C-197/08); e ancora, è stato affermato che "ricorrono gli estremi di pratiche collettive o concertate allorché elementi essenziali per la formazione dei prezzi vengano uniformati artificialmente in modo che i prezzi effettivi di vendita vengono fissati ad un livello diverso da quello naturale, determinato dal libero gioco della concorrenza" (cfr. Commissione 80/257/CECA dell'8 febbraio 1980).
Anche la giurisprudenza italiana sul punto appare consolidata.
Con specifico riferimento alla sottrazione alla libera contrattazione delle parti di componenti di prezzo, valga richiamare le sentenze del Consiglio di Stato, 9 febbraio 2011, n. 896 e 16 settembre 2011, nn. 5171 e 5172 e, meno di recente, la sentenza 13 febbraio 2001, n. 652: la violazione della libertà di concorrenza, secondo le richiamate pronunce, si realizza già ove la concorrenza sia ristretta o falsata, per esempio attraverso l’uniformazione di una componete del prezzo, non essendo poi necessaria la totale uniformità anche del prezzo effettivo.
Il diritto dell’Unione prevede poi il diritto alla libera prestazione di servizi e il diritto di stabilimento, sanciti dagli art. 49 e 56 del TFUE.
Tali ultimi articoli ostano all'applicazione di una normativa nazionale per effetto della quale la prestazione di servizi tra Stati membri diventi più difficile della prestazione di servizi all'interno dell'Unione Europea.
Inoltre, la normativa comunitaria vieta espressamente ad uno Stato membro di imporre prezzi e condizioni nel settore dei trasporti idonee a determinare un sistema di protezione per determinate imprese (art. 96 TFUE).
In particolare, la Corte di Giustizia ha affermato che la fissazione di tariffe minime "priva gli operatori economici stabiliti in altro Paese membro della possibilità di porre in essere, offrendo tariffe inferiori a quelle fissate da una tariffa imposta, una concorrenza più efficace nei confronti degli operatori economici installati stabilmente nello Stato membro interessato ai quali, pertanto, risulta più facile che agli operatori economici stabiliti all'estero fidelizzare la clientela" (C.G.U.E. Commissione c. Italia in C 134/2005).
I principi di proporzionalità, (art. 101 TFUE) e leale collaborazione fra Stati membri e Unione Europea (art. 4, comma 3, TUE) impongono poi che ogni misura adottata dai pubblici poteri, e idonea ad incidere sul libero gioco concorrenziale, sia ipotizzabile solo ove si dimostri che la stessa è necessaria ed adeguata rispetto alla finalità di interesse pubblico perseguita, ove cioè tale finalità non possa trovare realizzazione attraverso misure alternative meno invasive.
Inoltre, come sottolineato dalla Corte di Giustizia, l'art. 101 del TFUE, pur avendo direttamente ad oggetto esclusivamente le condotte delle imprese e non le disposizioni legislative o regolamentari emanate dagli Stati membri, se letto in combinato disposto con l'art. 4.3 del Trattato sull'Unione Europea (già art.10 Trattato CE), che instaura un dovere di collaborazione, obbliga gli Stati membri a non adottare o mantenere in vigore provvedimenti, anche di natura legislativa o regolamentare, idonei a eliminare l'effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese (così sentenze 16 novembre 1977, C-13/77, INNO/ATAB; 21 settembre 1988, C-267/86, Van Eycke; 17 novembre 1993, C-185/91, Reiff; 9 giugno 1994, C¬153/93, Delta Schiffahrts W und Speditionsgesellschaft; 5 ottobre 1995, C-96/94, Centro Servizi Spediporto, 19 febbraio 2002, C¬35/99, Arduino). Tale principio è stato integralmente ribadito anche dalla nota pronuncia del 9 settembre 2003 , C-198/01, CIF (punti 45¬46), con cui la Corte ha significativamente richiamato anche gli artt. 4 e 98 introdotti dal Trattato di Maastricht, a norma dei quali gli Stati Membri dell'Unione devono orientare le proprie politiche economiche al rispetto della libera concorrenza, con ciò postulando che la compatibilità delle misure pubbliche con il diritto comunitario possa essere accertata anche indipendentemente dall'esistenza di uno stretto collegamento di tali misure con comportamenti dì impresa.
Anche in seno al diritto dell’Unione, tuttavia, si pone in maniera complessa il tema del rapporto tra la concorrenza ed altri valori primari, parimenti meritevoli di tutela, alla stregua del diritto alla salute, del lavoro e della coesione sociale. E, fra questi, può sicuramente annoverarsi il bene giuridico della sicurezza pubblica e, in particolare, della sicurezza nel trasporto stradale.
L’esigenza di salvaguardia della sicurezza stradale è ben presente nel diritto dell’Unione.
Basti pensare, ad esempio, al recente regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l'attività di trasportatore su strada, nel quale la sicurezza stradale è esplicitamente indicata fra le finalità perseguite attraverso l’individuazione di precisi requisiti soggettivi di idoneità per l’accesso alla professione di autotrasportatore.
Allorquando vengano in rilievo interessi generali di rango primario idonei ad incidere sui diritti di iniziativa economica privata, questi debbano essere necessariamente oggetto di un rigoroso giudizio di bilanciamento con la concorrenza; e le misure prescelte dal legislatore nazionale per perseguire i relativi obiettivi sono compatibili con il diritto europeo a condizione che siano congrue e proporzionate.
Alla luce di tale quadro normativo, il Tribunale dubita che il punto di bilanciamento tra interessi confliggenti raggiunto dall’art. 83 bis del decreto legge n. 112 del 2008 e s.m.i. sia rispettoso del diritto dell’Unione.
La risoluzione di questo dubbio interpretativo, che investe gli artt. 4(3) TUE e 101 TFUE , gli artt. 49 e 56 TFUE, nonché l'art. 96 TFUE, è necessaria per poter definire il merito della controversia: ove, infatti, fosse accertato che il diritto dell’Unione non sia compatibile con il citato art. 83 bis, dichiaratamente adottato a tutela dell’interesse generale alla sicurezza pubblica e stradale, i provvedimenti impugnati in questa sede, in applicazione di detta disposizione normativa, sarebbero illegittimi.
RINVIO PREGIUDIZIALE
Il Tribunale, premesso che la determinazione autoritativa ed eteronoma di costi minimi di esercizio costituisce una parte essenziale del corrispettivo del servizio e si risolve in una compressione indubitabile della libertà negoziale e, quindi, della libertà di concorrenza e delle libere dinamiche del mercato, dubita che la disciplina introdotta dall’art. 83 bis citato, ed applicata con i provvedimenti oggetto di gravame, sia valutabile come congrua e proporzionata rispetto all’interesse pubblico tutelato della sicurezza stradale, così da potere trovare in detta finalità di rilievo pubblicistico adeguata e sufficiente giustificazione.
La realizzazione di maggiori utili di impresa, come assicurati dalla fissazione autoritativa di costi minimi di esercizio, non appare direttamente e necessariamente strumentale rispetto al fine perseguito della sicurezza stradale.
Invero, la predeterminazione dei costi di esercizio:
a) non costituisce l'unica misura attraverso cui apprestare tutela alla sicurezza stradale, apparendo al contrario sicuramente più idonee misure relative agli elementi da cui dipende la sicurezza stessa ( limiti di velocità, caratteristiche dei mezzi e obblighi di manutenzione, turni di riposo dei conducenti, organizzazione del lavoro e formazione dei conducenti, introduzione di un sistema di responsabilità e sanzioni, con i relativi controlli);
b) non costituisce neanche misura astrattamente idonea a garantire la sicurezza, se non in stretta correlazione con l’adozione di altre misure di sicurezza ( non sussistendo altrimenti alcuna garanzia che i maggiori margini di utile connessi alla fissazione di un livello minimo di prezzi siano destinati a coprire i costi delle misure di sicurezza);
c)non ha carattere eccezionale ma è suscettibile di applicazione generalizzata;
d) ha un'efficacia temporale illimitata;
e) è contraddetta dalla possibilità, prevista dal comma 4 dell’art. 83 bis, di deroga ai costi minimi di esercizio nel caso di accordi volontari conclusi tra le organizzazioni associative dei vettori e dei committenti .
Più in generale, può osservarsi come la fissazione di tariffe minime, come strumento atto a garantire la sicurezza nella circolazione dei veicoli , non è prevista in nessuna normativa di settore.
La disciplina principale in materia di circolazione stradale, infatti, è contenuta nel d.lgs. n. 285 del 1992. In tale decreto alcun riferimento si rinviene in ordine allo strumento della tariffa minima,occupandosi il legislatore piuttosto di disciplinare, ad esempio, i titoli abilitanti la guida (artt. 115 e ss.), prevedendo le norme di comportamento su strada (artt. 140 e ss.), e le norme sulle modalità costruttive e di equipaggiamento dei veicoli e gli accertamenti tecnici per la circolazione (artt. 71 e ss.).
Al contrario, nell’originario disegno dettato dal d. lgs. n. 286/2005, in relazione ai contratti scritti di autotrasporto, previsti come la forma ordinaria di contrattazione, la garanzia di rispetto degli standard di sicurezza era affidata alla previsione di nullità delle clausole implicanti modalità e condizioni di esecuzione delle prestazioni contrarie alle norme sulla sicurezza della circolazione stradale ( art. 4, co. 2).
Il Collegio osserva poi come nell’attuale sistema la determinazione dei costi minimi di esercizio sia rimesso, in prima battuta, ad accordi volontari di settore fra le associazioni rappresentative dei committenti e dei vettori e, in mancanza, ad un organismo, come l’Osservatorio in seno alla Consulta, la cui composizione è caratterizzata in larga parte da soggetti eletti dalle associazioni di categoria.
La sentenza della Corte di Giustizia del 1.10.1998, resa nel noto caso Librandi, con la quale la Corte riconobbe la conformità della legge 6 giugno 1974 n. 298, istitutiva delle tariffe obbligatorie a forcella, con i principi comunitari, precisò come le limitazione al principio di concorrenza siano giustificabili solo alla stregua di un interesse pubblico ritenuto prevalente e secondo misure e criteri di apprezzamento e ponderazione la cui definizione non può che essere rimessa ai pubblici poteri,e non già agli operatori economici di settore.
Per tali motivi il Tribunale dubita che sia compatibile con il diritto dell’Unione, e con gli stessi principi affermati dalla Corte di Giustizia nella menzionata sentenza, un sistema normativo che, in mancanza di una predeterminazione normativa di criteri diretti a disciplinare sia pure in via generale l’attività, nella sostanza, affida all’accordo tra gli operatori economici privati la determinazione delle tariffe minime o, in subordine, ad un organismo che, per la sua stessa costituzione, non presenta sufficienti condizioni di indipendenza rispetto alle valutazioni e alle scelte degli stessi operatori del settore.
Alla luce di tutto quanto esposto, e nei limiti della sintesi prescritta per i provvedimenti di rinvio pregiudiziale dalla stessa Corte, il Tribunale domanda alla Corte di Giustizia:
se la tutela della libertà di concorrenza , della libera circolazione delle imprese, della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi ( di cui agli artt. 4 (3) TUE, 101 TFUE, 49 , 56 e 96 TFUE) sia compatibile, ed in che misura, con disposizioni nazionali degli Stati membri dell’Unione prescrittive di costi minimi di esercizio nel settore dell’autotrasporto, implicanti fissazione eteronoma di un elemento costitutivo del corrispettivo del servizio e, quindi, del prezzo contrattuale;
se, ed a quali condizioni, limitazioni dei principi citati siano giustificabili in relazione ad esigenze di salvaguardia dell’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione stradale e se , in detta prospettiva funzionale, possa trovare collocazione la fissazione di costi minimi di esercizio secondo quanto previsto dalla disciplina di cui all’art. 83 bis del d.l. n.112/2008 e successive modificazioni ed integrazioni;
se la determinazione dei costi minimi di esercizio, nell’ottica menzionata, possa poi essere rimessa ad accordi volontari delle categorie di operatori interessate e, in subordine, ad organismi la cui composizione è caratterizzata da una forte presenza di soggetti rappresentativi degli operatori economici privati di settore, in assenza di criteri predeterminati a livello legislativo.
P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter), visto l’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’art. 3 della legge n. 204 del 1958, non definitivamente pronunciando, così provvede:
-) dispone rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, nei sensi di cui in motivazione;
-) sospende il presente giudizio sino alla definizione delle questioni pregiudiziali.
Ordina l’immediata trasmissione di copia della presente ordinanza, unitamente agli atti del giudizio, alla cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 25 ottobre 2012 e del giorno 17 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:


Giuseppe Daniele, Presidente
Carlo Taglienti, Consigliere
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore




 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

martedì 12 marzo 2013

PER LE MARCHE CONTRIBUTI REGIONALI...SI PROMETTE AI PRIMI.

NOTIZIA TRATTA UOMINI E TRASPORTI.IT 
Dalle Marche 1,2 mln per «ripulire» il parco veicoli: dal 26 marzo le domande
12 marzo 2013
Ecco un bell'esempio da seguire, sia a livello locale che nazionale: le Marche hanno pubblicato un bando di gara con cui vengono stanziati 1,156 milioni di euro per abbattere le emissioni inquinanti. E' un sostegno in ogni caso è utile, anche se - bisogna subito precisare - va un po’ in ogni direzione, nel senso che:- possono beneficiarne non soltanto le imprese di autotrasporto, ma un po’ tutte quelle piccole (attive quindi in tantissimi settori specificati nel bando) purché localizzate in uno dei 61 comuni delle Marche situati nella zona a rischio per la qualità dell’aria;- i soldi non vengono stanziati non soltanto per rinnovare il parco, ma anche per «dare una ripulita» a quello esistente, tramite installazione di filtri o altro;- i segmenti veicolari interessati sono praticamente tutti, nel senso che si parte dai furgoni più piccoli (fino alle 3,5 ton) a salire.
In dettaglio esistono comunque tre tipologie di contributi:- da 1.200 a 2.700 euro (a seconda della classe del veicolo) per installare filtri antiparticolato (FAP) su veicoli euro 2;- 1.500 euro per rimotorizzare veicoli diesel N 1 con motori a benzina euro 5 o euro 6;- da 3.000 a 5.000 euro (a seconda del tonnellaggio) per acquistare veicoli euro 5 o superiori rottamando veicoli euro 1 o 2.
Le domande vanno presentate utilizzando apposita modulistica da scaricare dal sito della Regione ed esclusivamente mediante invio telematico e con firma digitale PEC. ATTENZIONE: i contributi saranno assegnati secondo l’ordine cronologico di invio degli appositi moduli di domanda mediante posta elettronica certificata, a partire dalle ore 9:00:00 del 26 marzo, fino alle ore 24:00:00 del 12 aprile prossimi. Quindi chi prima arriva meglio alloggia.